«Avendo sostituito all’imprescindibile mitologia collettiva, oggetto necessario dell’Opera Totale, l’inevitabile e universale, neo-umanistica, espressione soggettiva e “astratta” di una — qualunque-comunque — mitologia privata, Paul Klee ha davvero soltanto sognato l’oeuvre o “alla fine” “è suonata l’ora per quell’Opera”? Dopo il fallimento del Bauhaus, non ha forse continuato a cercare fino alla fine rappresentando-producendo quel sogno, necessariamente, privatamente e discretamente, nell'insieme delle opere raccolte nel catalogo autografo? E se questo insieme è compiuto, non dovrà essere considerato un’unica Opera in “diecimila” “quadri”, la narrazione-rappresentazione pittografica della Ricerca etico-estetica di una vita, dall’infanzia alla morte? E se quest’Opera è somma di linguaggi visuali, poetici, musicali, plastici non rifletterà in parte l’Ideale Totale o Assoluto, per quanto umanamente possibile, frammentariamente il tutto?»

A. Fonti, Paul Klee. “Angeli” 1913-1940, Franco Angeli, Milano 2006, p. 17