536. Dicembre I903.

L'aver imparato in Italia a comprendere le opere architettoniche mi è stato subito di grande vantaggio. Benché si tratti di costruzioni erette per uno scopo pratico.
L'arte è qui di una purezza più uniforme, che in qualsiasi altra forma sua. La loro struttura spaziale è stata per me un insegnamento utilissimo. Affermo ciò da un punto di vista puramente formale, poiché vedo le cose con estrema semplicità, quella semplicità che è necessaria premessa a una preparazione d'ordine superiore. Data l'evidente possibilità di calcolare i reciproci rapporti di singole parti, l’opera architettonica è per l'inesperto principiante una scuola più rapida che non i quadri o la natura. Però, una volta che si è compreso l'elemento numerico del concetto di organismo, lo studio della natura procede più spedito e con maggiore esattezza. Naturalmente, in seguito alla sua infinita varietà e ricchezza, i risultati sono più proficui. L’iniziale disorientamento di fronte alla natura si spiega con ciò, che si comincia con lo scorgerne soltanto le ultime ramificazioni, senza risalire alla radice. Una volta però che uno se ne sia reso conto, può riconoscere anche nella più lontana fogliolina la manifestazione dell’unica legge che regola il tutto e trarne vantaggio. 


Il raggiungimento dei primi frutti subisce una interruzione. Si fa evidente allora il pericolo cui ho accennato al numero 513. La natura mi ha fatto deviare su sentieri che non si accordano con la semplice astrazione dei lavori riusciti all'inizio. Qui c'era il germe per creazioni ulteriori, che non potevano trovarsi ancora nell'ambito di una libera configurazione. La natura era divenuta già un comodo sostegno di cui ho dovuto servirmi poi troppo a lungo, posso ben dire fino al 1911. Nelle successive incisioni ho attinto già a un fondo di cognizioni che non corrispondeva più alle più recenti ricerche e che conteneva quindi anche il germe letale. Dopo queste ricerche i primi sommovimenti e le nozioni del mondo impressionista. (1908–1910).