Il fantasma della follia

Paul Klee, Casa gialla I, 1940 365 (E5), 21 x 29,4
Zentrum Paul Klee Berna, prestito privato

La condizione nella quale Klee conduce la sua esistenza di artista è decisamente difficile. Nel profondo di se stesso, alla radice della sua psiche, è diventato tutt’uno con il suo progetto artistico. Di fronte a questa consapevolezza il Giovane uomo sarà spesso tutt’altro che rilassato. Il suo è in buona parte un salto nel buio. Si trova su di un precipizio mentale, e vi si getta con tutto se stesso. Il suo è un percorso di conoscenza, i suoi risultati non sono prevedibili. Come pensa che possa essere ricevuto il contenuto profondo della sua opera, il valore che attribuisce al suo lavoro? Mette in gioco tutto se stesso, rinuncia, in pratica, alla sua stessa esistenza. Ma per cosa?

E ancora... Si muove in uno spazio mentale che non ha più una storia, senza radici, in un paese senza limiti, un nuovo paese, senza il respiro del ricordo. Alla radice del suo intero progetto poetico ha posto qualcosa che lo rende capace di ridisegnare il proprio destino, libero dall’imposizione del filo a piombo teso tra nascita e morte. Ma su tutto il suo progetto psichico grava il fantasma della follia. Scrive bene Giorgio Manacorda, nella suo saggio che correda l’edizione italiana delle poesie di Paul Klee:

La superiorità «artistica» rende immortali (o meglio: «non morti») e diversi: è essere fuori e capire, vedere più che partecipare. La sofferenza che ne deriva è di tipo schizoide: sente di essere separato dalla vita e, contemporaneamente, i dolori del parto di chi si scinde perché crea: aliena in un oggetto una parte di sé.

Nei suoi diari la consapevolezza di aver messo seriamente a rischio la sua salute mentale si concretizza nel confronto con colui che è riuscito, così come ha fatto Klee, a superare l’impressionismo attraverso la scoperta del valore della linea: Vincent van Gogh.

806.

1908. Van Gogh mi sembra attuale, penso a «Vincent» nelle sue lettere. La natura non è poi tanto trascurabile. Non è il caso di parlare di sapore di terra, che non è il sapore genuino.

Peccato che il primo Van Gogh sia così bello come uomo e meno valido come pittore e che il meraviglioso artista della maturità sia un uomo spacciato. Si dovrebbe poter trovare uno stato intermedio fra questi estremi, allora varrebbe la pena di essere noi stessi.

816.

Ancora due mostre, e molto importanti! Van Gogh esposto da Brakl, e ancora Van Gogh da Zimmermann, nella Maximilianstrasse. Numerosissime le sue opere dal primo, da Zimmermann i pezzi più famosi, fra cui L’Arlesienne. Il suo pathos mi è estraneo, specialmente nella mia fase attuale, nessun dubbio però ch’egli è un genio. Patetico fino alla morbosità, quest’uomo menomato può riuscire pericoloso a chi non sa capirlo. È un cervello che soffre per l’ardore di un astro. Si redime nell’opera prima della sua catastrofe.

In lui si svolge la più grave tragedia; tragedia autentica, primordiale, il modello perfetto della tragedia. Mi si consenta di essere preso da un senso di panico!

Klee ha vissuto la stessa catastrofe psichica, arrivando, scientemente, sino all’annullamento dell’Io. Conosce l’astro che ha bruciato van Gogh, anch’egli ha visto dentro di sè quella combustione senza fine nella quale l’energia psichica si trasforma in energia semantica, dove l’Io si consuma e si annulla producendo null’altro che significato. Riuscirà a ricostruire da quella catastrofe, prima di cadere vittima della sua stessa arte, prima che si compia la stessa tragedia che ha travolto «Vincent»? Intanto, inevitabilmente, non può che essere preso da un senso di panico.

La sua posizione è troppo esposta, il pianista è troppo in miseria, volendo rifarci alla sua stessa immagine. La sua imago corporis è troppo labile e la terra sulla quale appoggia è inconsistente. Dovrà essere rafforzata dalla costruzione di una intera visione cosmologica. Le pietre angolari di questa costruzione, comunque privata e separata dal mondo, saranno le stazioni della sua mitologia personale, ancora da venire. Oltre a ciò dovrà mettersi al riparo dalle oscure forze del caos, attraverso l’istituzione di una serie di precisi riti protettivi. Sono tra questi l’istituzione dell’Oeuvre-Katalog e il motto creativo Nulla die sine linea, in nome del quale ogni giorno della sua vita impiega parte della sua energia psichica nel disegno.

848.

La gioia che si prova per i propri progressi artistici può essere considerata un impiego di energia, perché la liberazione è pur spesso dolorosa.

Quiete e inquietudine – elementi che si alternano nella creazione pittorica.

Adotterà, inoltre, uno stile di vita metodico e senza eccessi, rinunciando a qualsiasi forte passione e alla vita dissoluta tipica degli impressionisti. È in questa chiave che introdurrà, al ritorno dal viaggio in Tunisia, il rito giornaliero del té delle gheishe, che osserveremo più avanti, nel quale sublimare ogni passione erotica. Nonostante ciò, la paura della follia lo accompagnerà sino alle ultime due opere messe a catalogo, Casa gialla I e Casa gialla II. Già Alessandro fonti ha avvicinato le case gialle alla casa di Arles dove l’autolesionismo di van Gogh esplose, prima con il taglio dell’orecchio e poi con il colpo di pistola al fianco che ne provocò la morte.

Vincent van Gogh, La casa gialla
© Van Gogh Museum, Amsterdam

Paul Klee, Casa gialla I,
© Zentrum Paul Klee Berna

Il giallo aveva tra i bernesi un significato gergale specifico. Lo stesso Eberhard W. Kornfeld, importante collezionista kleeiano tra i più importanti, parlando della Casa Gialla in suo possesso ci ha regalato in una recente video intervista diffusa dal Zentrum Paul Klee questo ricordo di gioventù:

Si chiama la Casa gialla, e questo è interessante, perchè il giallo è spesso associato a un reparto psichiatrico. Quando ero scolaro a Berna chiamavamo l’ambulanza psichiatrica “il furgone giallo”.

Tra la prima casa, instabile e minacciosa, e la seconda – dalle dimensioni rassicuranti, più che doppie rispetto allla prima – la differenza sostanziale è la ricomposizione di tutti gli elementi in gioco e l’avvento di una universalità cromatica: al giallo si uniscono gli altri due colori primari, rosso e blu. L’Io si è annullato e vive in un cosmo fatto di frammenti di significato. Solo la ricomposizione del sé e dell’opera nel tutto attraverso la propria capacità poetica, attraverso una formula grafico–cromatica universale, è capace di dare a Klee l’ultima rassicurazione psichica.

Paul Klee, Casa gialla I,
© Zentrum Paul Klee Berna

Paul Klee, Casa gialla II,
© Zentrum Paul Klee Berna

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