Cantante al piano

Cantante al piano 1919, 21 disegno riportato e acquerello su carta montata su cartoncino - Smith College Museum of Art, Northampton ©Smith College Museum of Art, Northampton, Photo David Stansbury, Springfield

Cantante al piano, Sängerin am Klavier 1919 211, disegno riportato e acquerello su carta montata su cartoncino
Smith College Museum of Art, Northampton © Smith College Museum of Art, Northampton
Photo David Stansbury, Springfield

 Nel 1918, a 39 anni, Klee considera terminata la sua formazione. Gli anni del servizio militare passati in uno straniante isolamento, coscritto presso il campo di aviazione di Gersthofen, gli offrono l'opportunità di meditare sull'ultimo corollario della formula poetica per l'opera d'arte. 
Contestualmente a tale coronamento il maestro cessa anche di tenere i suoi Diari. Come è naturale che sia. Negli ultimi significativi passaggi delle sue cronache descrive il mondo da un punto di vista non fissato nel tempo, da una finestra collocata sull’infinito, la soglia di passaggio dall’ieri all’oggi. Si affranca definitivamente dal tempo scalare. Ma un diario è appunto una forma segnata dallo scorrere del tempo, e perde quindi, per sua stessa natura, di significato.

 

Nel 1919 Klee getta ancora una volta lo sguardo su sé stesso. Sono passati dieci anni dal Pianista in miseria, e tutto è cambiato. Non ha più un corpo fisico incatenato a un pianoforte, come nel foglio umoristico del 1909. Ora artista e strumento vivono in una dimensione eterea di energia luminosa, dimensione nella quale Klee si è ora ricavato uno spazio esistenziale ben misurato.
Egli è evoluto in una figura ermafrodita, dotata di un seno prosperoso e organi genitali sia maschili che femminili poiché il gesto del creare consiste nel congiungere due elementi originari che presentano una chiara distinzione di genere, tema al quale alludono anche le tonalità principali rosa e azzurro dell'acquerello.

La genesi come movimento formale è essenza dell’opera. All’inizio il motivo, applicazione dell’energia, sperma. Opere come creazione di forma in senso materiale: essenzialmente femminili. Opere come sperma determinante la forma: essenzialmente maschili. La mia produzione di disegni appartiene al campo maschile.

Diari, n. 943.

Il passaggio dell'opera d'arte dalla condizione di idea alla luce dello spazio esteriore presuppone che la componente maschile del disegno si unisca alla componente cromatica e fattiva, che è essenzialmente, nel mitologico racconto kleeiano, di genere femminile.
Infatti, nel profondo della Cantante due elementi primari si congiungono per dare vita alla figurazione. Con alfa' Klee indica la componente virile del processo di gestazione, l'ambito del disegno, in corrispondenza di un genitale maschile. Con beta' contrassegna invece un genitale femminile, un collo uterino, principio cromatico e della realizzazione materiale dell'opera. Questa azione dà luogo alla composizione colorata, indicata con C, al centro della figura della Cantante.

Ciò che ora è importante notare è che non c'è più bisogno di spartito. Ciò che contraddistingue l'artista è l'emissione di qualcosa di vitale e originario, anche se semplice ed elementare: un'unica nota, SOL.

Foglia della cantante.jpg

La foglia/bocca che emette nota unica SOL.
Più sotto, indicati con alfa' e beta', la Cantante mostra di essere dotata di genitali sia maschili che femminili.

Tutta questa complessità per emettere una sola nota?!? Sì, perchè in quella sola nota Klee rappresenta l’intera sua opera, in tutta la sua complessità. Tutto il suo lavoro è un'unica e originale emissione di senso, un grido elementare e complesso allo stesso tempo con il quale la coscienza riempe di significato lo spazio del vuoto siderale. In questo modo il maestro riesce ad emulare la grande creazione e si affianca a questa, confrontandosi con l'assoluto. 

Piano della cantante.jpg

Lo strumento generatore di forma di Cantante al piano

 Anche lo strumento generatore di forma del quale l'artista si è dotato ha una struttura a due livelli, organizzata come una matrice dove si incrociano i due piani già osservati di linea e colore. Dalla tastiera i punti partono tracciando linee. Queste attraversano un piano inclinato di fasce colorate. Le tonalità disposte su questo piano sono determinate ma quasi innumerevoli, quante quelle dei tanti registri possibili di cui pare dotato lo strumento, bene allineati in cima a questo.
Il vecchio strumento del Pianista in miseria era dotato di un solo registro, vincolato agli stati d'animo dell'esecutore. Mentre questo offre una miriade di chiavi di registro, ognuna delle quali corrisponde a tonalità di espressione alle quali la, o il, Cantante può mettere mano in modo nuovo, consapevolmente. 

Il confronto tra queste due stazioni dell'evoluzione kleeiana, dal Pianista in miseria alla Cantante al piano è sorprendente, e necessita di un approfondimento. Anche perché differentemente mancheremmo di rendere giustizia al segno che determina la finitezza di questa figura. 
Vi prego di seguirmi con un po' di pazienza. Cos'è successo nei dieci anni che intercorrono fra i due acquerelli?
Il maestro ha visto congiungersi natura e immaginazione attraverso la stesura di un nuovo linguaggio, e l'incantevole snellezza del ponte gettato tra interiorità ed esteriorità non è più solo un'ipotesi di lavoro.
Alla base di tutto c'è la rivoluzione implicita nella formula delle vie alla percezione, intorno alla quale anno dopo anno le equazioni della teoria della forma hanno dato senso e dignità alla nuova poetica.

Dal battito del nostro cuore, noi siamo sospinti più giù, verso il fondo, l'origine. Ciò che da questo impulso nasce – si chiami come si vuole: sogno, idea, fantasia, – è da prendere in seria considerazione solo se si unisca agli adeguati mezzi figurativi, in una sintesi integrale. Allora quelle stranezze diventano realtà – realtà dell'arte che rendono l'esistenza un po' più ampia di quanto comunemente non appaia: ché esse non riproducono soltanto, con maggiore e minore capacità, ciò che si è visto, ma rendono percettibili occulte visioni.

P. Klee, Conferenza al Kunstverein di Jena del 26 gennaio 1924, in Teoria della Forma e della Figurazione

Il suo percorso porta a una evoluzione significativa dei contenuti del quadro. Il problema che assillava il Pianista in miseria ora non si pone più. Soggetto unico è diventata la stessa opera d'arte, colta nella sua origine mentre viene facendosi. Solo questa rivoluzione concettuale ha permesso di superare la condizione di “assenza” che l'azione pittorica è chiamata a riempire di senso.

E proprio perché tutto abbia senso, in questa landa desolata senza principio ne fine ancora manca qualcosa. Ed ecco che un'altra importante coordinata della matrice che dà qualità all'opera di Klee è presente sulla scena, ed anzi definisce e dona senso all'identità dell'artista e al palcoscenico su cui si esibisce. L'eterea figura della Cantante calca il palcoscenico con orgoglio e presenza scenica, e può farlo poiché si esibisce sotto l'egida della Luna multiforme, la piccola luna con il punto che al centro del bordo sinistro del quadro tiene aperto il filiforme sipario luminoso.

Luna della cantante.jpg

Le due Luna multiforme in Cantante al piano

Ugualmente, lo stesso simbolo protegge e identifica la Cantante, appena sopra alle note musicali collegate ai suoi occhi, note per sempre segnate dal mito che sottende la sua intera creazione. Si tratta della luna di Saint Germain, alter ego creativo di Paul Klee, venuto alla luce in Tunisia nella sera per sempre profondamente in lui nella quale percepì la singolarità dell'immagine, accidentale e molteplice, in relazione dialettica con la sfera luminescente della luna piena. Un’immagine che Klee eleva a valore mitologico, quindi fondativo al di là di altri giudizi di valore.

 

Domenica di Pasqua, 12.4. St. Germain. L'ampia distesa dell'acqua è bellissima, ma non sembra illimitata. Tutto è contenuto entro grandi linee. La sera è di una bellezza indescrivibile. Per giunta si leva anche la luna piena. Louis mi incita a ritrarre il quadro. Gli rispondo che sarebbe tutt'al più un esercizio. È naturale che di fronte a questa natura io sia incapace. Eppure so qualcosa di più di prima. Conosco la distanza fra la mia incapacità e la natura. È una questione interiore da risolversi nei prossimi anni. Non provo affatto sconforto. Non si deve avere fretta se si vuole molto. La sera è per sempre profondamente in me. Più d'un pallido sorgere di luna del Nord mi farà pensare a questa silente immagine, e a me la ricorderà sempre. Sarà la mia sposa, il mio altro Io. Stimolo a ritrovarmi. Io stesso però sono il sorgere della luna del Sud.

Diari, n. 926 k

 

In Cantante al piano la Luna multiforme è il sigillo che tiene aperta la scena ed anche la cifra che contraddistingue il performer che quella scena sta calcando. Questa è la mia scena, questa la mia opera, pronuncia Klee alzando il proprio stendardo. Perché questo è il segno della luna del Sud, che sorge nella notte di Saint Germain, per sempre sposa ed altro io di Klee, identità profonda e segreta di pittore astratto, di genere ermafrodita, cristallo impuro in perenne connubio mistico con la propria sposa siderale.
È un simbolo complesso che tiene insieme punto e falce di luna, segno di coesistenza dialettica tra assoluto e accidentale. Non solo per questo Klee la chiamerà in una poesia dello stesso anno Luna multiforme, ma anche perché simultaneamente maschile e femminile. E più ampliamente è il segno della fecondità possibile anche dal nulla/in nessun luogo, il principio capace di creare a partire dal grigio, dal caos, commisurando opposti.

L'iniziato intuisce il punto vitale originario, possiede un paio di viventi atomi e cinque mezzi figurativi viventi, ideali, elementari, e sa, ancora, d'una piccola zona grigia a partire dalla quale è possibile il balzo dal caos nell’ordine.

Egli presente la procreazione: sa abbastanza bene quel che deve essere il suo primo fare, muovere quelle cose al divenire e, lui stesso in movimento, renderle visibili; in esse restano tracce del suo movimento — ed ecco l’incantesimo della vita, e per gli altri l'incantesimo del vissuto.

P. Klee, Prima stesura di Esperienze esatte nel campo dell'arte in Teoria della forma e della figurazione p. 60.

 

Senza l'elemento di una mitologia personale alla creazione kleeiana sarebbe mancata la forza di una narrazione che incardinasse l'opera alla più profonda radice umanistica. Unico senso possibile da contrapporre al caos del vuoto assoluto. 
Il momento della sua mitologica rinascita, in una nuova patria psichica nel segno della Luna multiforme è uno dei miti che fondano la qualità dell'opera — oltre che a tenerlo lontano dal pericolo che si corre avventurandosi negli spazi infiniti senza salvifiche coordinate umanistiche di riferimento…
Le linee delle composizioni che lo raffigurano come cadavere, come puro strumento o come cristallo non nascono da un esercizio di autoritratto. È la strumentazione tecnica di Klee, nella quale il maestro ha fede assoluta, che determina la sua biografia: è la linea che «divora e digerisce» la sostanza del suo spirito e che ne traccia il destino. 
Nei fatti, in quegli anni cruciali sempre più frequentemente dal profondo prendono corpo sul foglio le dinamiche dell'atto creativo: l'opera d'arte diventa soggetto e quest'opera non è altro che Klee stesso mentre crea, soli momenti nei quali l’imprendibile spirito etereo nel quale si è mutato prende corpo e si palesa ai nostri occhi. È così che i momenti chiave della sua crescita personale sono diventati principi fondativi dell'atto stesso del creare. Ed è per questo motivo che il lavoro di Klee è luogo di perfetta coincidenza tra vita interiore e opera d'arte.


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Pianista in miseria, foglio umoristico, caricatura della nuova musica