La mia camera

La mia camera 1896 cr95, penna, pennello e matita su cartoncino da disegno, © Paul Klee Stiftung Photo Peter Lauri

La mia camera 1896 cr95, penna, pennello e matita su cartoncino da disegno, © Paul Klee Stiftung Photo Peter Lauri

La mia camera. Pianta 1897 cr102, penna e matita su carta a righe, © Paul Klee Stiftung Photo Peter Lauri

La mia camera. Pianta 1897 cr102, penna e matita su carta a righe, © Paul Klee Stiftung Photo Peter Lauri

Berna, fine IXX secolo. Paul Klee, diciassette anni, trascorre al numero 8 della Marienstrasse nel distretto di Kirchfeld quello che chiama il periodo meno puro della sua infanzia. È studente liceale, un poco ribelle, e prenderà la maturità per il rotto della cuffia. La decisione di dedicarsi allo studio delle belle arti non è ancora definitiva, soltanto nel 1898 si recherà a Monaco, la città dei cinquemila pittori, per frequentare prima la scuola privata di disegno di Knirr e poi l’Accademia. Qualcosa però comincia in lui a prendere forma.

Berna. 12.12.1897. Dopo parecchio tempo ho preso di nuovo in mano alcuni dei miei quaderni da disegno e li ho sfogliati. Ho provato di nuovo un senso di speranza. Lo sguardo mi è caduto per caso sulla mia immagine nel vetro della finestra e ho fatto delle considerazioni sull'uomo che mi stava a guardare. Un giovane veramente simpatico su una sedia, il capo appoggiato a un guanciale, le gambe su un’altra sedia, l'indice di una mano in un libro semichiuso. Se ne stava assolutamente immobile, nel cerchio di luce della lampada. Lo avevo già scrutato sovente. Non sempre con successo. Ma oggi l’ho capito.

Diari n.53.

Così cominciano le tormentate cronache dall’intimo del giovane Klee. Questo frammento è il primo gesto di coscienza di sé riportato nei Diari e la stanza che ne è stata teatro è la Camera soggetto dei due studi che voglio proporvi, risalenti ai primissimi passi dell’avventura del maestro nel mondo della rappresentazione ed equivalente pittorico del frammento 53.
Sono stati conservati per una vita intera fino a giungere con il resto del retaggio kleeiano alla Fondazione, ma mai inclusi nell’Oevrekatalog. Il numero che vedete dopo il titolo, preceduto dalla sigla “cr”, è quello attribuito ai disegni nella raccolta del Catalogue raisonnée che riporto per comodità di chi volesse identificarli.
Nella loro precocità sono lavori molto interessanti, perché ci rivelano come il maestro si fosse imbattuto molto presto in una presenza inquietante, con la quale è opportuno fare i conti sin da subito: l’Io.

Quasi per assurdo, e solo perché ci occupiamo di un oggetto dalle particolarissime qualità, ci è possibile oggi compiere ciò che per per qualsiasi metodologia di ricerca storica è assolutamente insensato. Nell’opera di Klee il futuro getta nel passato una luce che lo dota di senso allo stesso modo che, come è naturale, nell’opposta direzione.
Nei Diari trascrive una inquietante visione, un sogno forse, che rivela quanto all’artista stia a cuore la rivalutazione e la rigenerazione “retroattiva” di quanto già messo su carta o già vissuto.

Un demone d'infima razza vuole turbarmi, vuole tormentarmi. Appostato dietro a me sussurra col tono insinuante dello spirito maligno di Margherita: “Sai ancora...”.
“Le tue prime creazioni appartengono a un passato lontano? giustificalo, ma non con parole”. “Resto l'uomo che ero se l'azione non mi riesce”. Hai spezzato i ponti? E ora? Tu spezzi ponti ma non barriere opposte a te e al tuo talento. (Do di piglio alla spada). Il demone: Lotta difensiva, come tra i gatti...
(Dopo una pausa:) Ti sostiene l’interesse di sapere quanto lontano arriverai e, autobiografo, quale sviluppo prenderà col tempo il rapporto fra l’uomo e l'artista? (Dopo una lunga pausa:) Autobiografia la tua opera principale??? (Mi volto a guardarlo, l'incantesimo è svanito)

Diari n. 692

Di come l’opera debba dimostrare la sua emancipazione dal tempo scalare abbiamo già detto, — ed è a ciò che si riferisce il demone chiedendo a Klee di giustificare non con parole le sue prime creazioni — poiché per avere carattere universale nulla può essere lasciato al di fuori del progetto poetico, neppure quanto già compiuto.

Nel primo disegno, La mia camera (1896, cr 95), la precisione delle annotazioni kleeiane mi permette di mostrarvi la sedia, tavolo, lampada e finestra nominati nel frammento 53. Nel secondo, La mia camera. Pianta (1897, cr102), si coglie un istintivo prepotente bisogno di collocare l'Io letteralmente al centro del tentativo di descrizione del mondo, quasi fosse una sorta di corpo radiante che si accinge a dare forma al proprio intorno.
Il secondo disegno, in particolare, è un piccolo studio ma già vi sono riunite in uno sguardo ben ordinato tutte le voci della riflessione kleeiana e alcune caratteristiche stilistiche che sempre lo contraddistingueranno: un'attitudine analitica sobria ma totalizzante, la grafica di ascendenza architettonica e una relazione ben strutturata tra figura e interiorità. L'artista disegna ogni cosa presente nella stanza – arrivando a rappresentare, in basso a sinistra, anche il movimento di uno dei suoi amati gatti – e a ogni oggetto appone il nome, come se solo questa azione possa garantirne l'esistenza. Al centro, insieme al segno d'inquadramento “astrale” dei quattro punti cardinali, mette qualcosa che seppure ingentilito dall'uso della lingua aulica resta animato dell'energia psichica del più primitivo dei gridi: il perentorio «hic ego!» che è ricostruzione del senso di tutta la figura. È ancora niente altro che un animalesco richiamo, colto ma gutturale, qualcosa che resta semplicemente apposto al resto della figura, ma l'energia che vi è espressa fa presagire la chiarezza del suo intento, che è già di carattere “composito” cioè grafico e contemplativo insieme.

Bene, sarebbe certo assurdo affermare che Klee anticipi con questi disegni metodo e poetica; ma ciò che ci preme qui annotare è che sarà Klee stesso che attraverso il futuro lavoro darà nuovo senso al contenuto di questi due studi, riprendendone alcuni segni e universalizzandone così il significato nel contesto della propria vicenda. Diversi dettagli che qui esaminiamo possono essere interpretati per il senso che troveranno in composizioni ancora da compiere, che oggi ben conosciamo.
La thonet scura avrà nuova vita quale segno dell’Io e della sua irrappresentabilità al di fuori della forma analitica, composita.
La scrivania ingombra di fogli avrà sempre il sapore di un marginale accessorio nelle numerose eteree rappresentazioni dello spazio interiore. E la finestra esapartita nella quale per la prima volta egli si riconosce quale soggetto pensante sarà al centro del primo Foglio commemorativo della nascita della nuova propria identità di Klee come cristallo, una finestra che è/sarà già in questi fogli quindi riflesso di sé, limite e apertura verso l’infinito.
Quelli che oggi sono banali pezzi di arredamento sono pronti a diventare frammenti esistenziali non ulteriormente riducibili dal processo di astrazione nelle rappresentazioni mature di altre camere, “fogli commemorativi”, “stanze fantasma”, “prospettive di stanze con abitanti”, nello stile astratto nei ricordi del pittore maturo.
Non ultimo l’hic ego con il quale Klee, nocchiero del proprio vascello in partenza per un lungo viaggio, fa il punto nautico e cerca di dare all'Io collocazione precisa. Collocazione che presto si moltiplicherà dimensionalmente, a ogni livello: universale, esistenziale e filosofico, emancipandosi dallo spazio-tempo per ridefinire umanisticamente il proprio destino.
Persino il cerchio di luce della lampada citato nel frammento dei Diari è pronto a diventare unico cosmo esplorabile, campo empiricamente definito dalla luce, cerchio che rappresenta il tutto, partecipe di ogni futuro cerchio che quale “testa” coronerà ogni stilizzazione antropomorfa kleeiana di sé stesso.

L’artista è all'inizio di un lungo percorso ma sta anche cominciando un grande disegno, una prospettiva spaziale e temporale dove ricomporre in una sola raffigurazione il cosmo e l'essere. In lui la battaglia per la creazione coincide con la guerra per la vita. Per ora emblema del suo tipico Io è il senso di passione repressa. Soltanto assurgere a una capacità creativa assoluta potrà renderlo libero. Tutto sarà Klee, questo diverrà l'obiettivo; e indissolubilmente vita e opera cominciano a compenetrarsi.

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