Homo novus

Homo novus, 1913 129, penna su carta montata su cartoncino, collocazione sconosciuta © Paul Klee Stiftung Photo Peter Lauri

Homo novus, 1913 129, penna su carta montata su cartoncino, collocazione sconosciuta © Paul Klee Stiftung Photo Peter Lauri

Se avete seguito i miei ultimi post avete visto come Klee si sia trovato a tenere traccia nella sua opera della morte di una parte di sé. Il sacrificio messo nero su bianco in La morte per un ideale è controparte di una rinascita, di una rigenerazione creativa da tempo intuita.
In Homo novus Klee annota il suo sollevarsi verso il cielo mentre rinasce a nuova luce. È una rinascita che si compie nella dimensione del linguaggio astratto, frutto di una dinamica misurata di movimento e contromovimento: Homo novus si alza in corrispondenza del decadere della propria fisicità – riconoscibile dai radi capelli – che cade ai suoi piedi come un involucro smesso. Nel disegno vive uno scambio di energia registrato dalle direzioni e la misura delle linee: dal punto in cui il cuore della spoglia mortale tocca terra un tratto curvilineo in forma di freccia ripercorre in senso contrario il movimento della caduta. Dal punto di arrivo di tale vettore la nuova figura trae la forza di ergersi in piedi.

La rigenerazione che è nascita, ora autentica, dell’identità spirituale di Klee avviene nella sostanza dell’astrazione, con braccia che sono ora forma pura ed una testa che si è trasformata in strumento per metabolizzare la luce: la tua testa è una torre con vivaci lenti danzanti scrive in una poesia di quegli anni. Grazie alle esperienze iniziatiche compiute, ora conosce la formula per l’incantesimo della vita, ora è libero di muovere al divenire, sino a rivelarli nelle loro forme, i risultati delle sue meditazioni più profonde, che inseguono le aspirazioni irrinunciabili del suo Io. Risultati non previsti che lo pongono quadro dopo quadro di fronte a evoluzioni dell’essere che rivela a se stesso disegnando, a partire dalla sua zona originaria dove l’energia psichica è ancora indistinta, lavorando liberamente facendo improvvisazione psichica.

Come L’assassinio, anche Homo novus è un disegno nel quale Klee sperimenta tecniche di raffigurazione del proprio spazio psichico; dapprima sul foglio bianco prendono forma linee che registrano forze pure, arricchite successivamente da dettagli figurativi che ne perfezionano il valore rappresentativo. Principio della composizione sono le linee orizzontali che diventano piani d'appoggio per le figure. Klee traccia il diagramma delle forze che agiscono tra questi due piani, e quindi lo completa con i dettagli che ne interpretano il senso. La relazione tra le due forze comporta il collassare della figura inferiore e l'elevarsi di quella superiore. Gli astratti campi di energia identificati dalla linea vengono poi completati con segni che fanno apparire arti, teste, occhi e mani assimilabili ad ali.
In questa fase di “riumanizzazione della figura” Klee profonde il disegno di orgoglio e consapevolezza dando vita ad una immagine di sé rarefatta ed angeliforme. È un esito concepito fra trascendenza e gesto pittorico, che egli riesce ora a congiungere nella prassi artistica, tra analisi e meditazione.
È un procedimento che ha origine in una zona oscura della coscienza ora esplorabile, dove energie allo stato puro vengono tradotte prima in linee e in seguito perfezionate in figure da volontà ed intelletto, in un processo dove Klee innesta su ciò che contempla ciò che ha compreso. Ricordo, su questo, un passo di Giulia Veronesi:

In realtà, la pittura di Klee esiste prima che in un cerchio vengano iscritti due occhi, o che a due linee rette vengano aggiunti piedini da pupazzetto, o che una luce assuma la forma di un astro.
G.Veronesi, Paul Klee e la sua influenza, in L'arte moderna, vol.VI, Fabbri, Milano 1967, p. 82

Dopo l’improvvisazione bastano pochi tratti per colmare la distanza tra i segni che si trova davanti e una immagine compiuta. Per renderla vendibile, in alcuni casi. In altri casi per orientarla secondo il proprio ethos, o secondo il proprio stile astratto nei ricordi. Come in questo caso; mani e testa sono segnate da croci, segno che offre riferimenti molteplici all’interpretazione, il più semplice e letterale dei quali è anche il più efficace ed è offerto da un frammento dei Diari che risale al viaggio a Roma del 1901:

290.
Siamo ritornati in città per la Via Appia, che prima non eravamo riusciti a trovare. Cercandola, eravamo capitati in una villa semidiroccata, in cui si era annidato un pastore. Alle greppie muggiti, alle pareti “agnelli” scorticati. Fra le muraglie sibilava il vento. Io disegnai l’edificio, Haller fece, lì vicino, un acquerello, con la sua urina, in mancanza di acqua.

Come il popolo sa adattarsi anche nelle rovine! Le croci sui vecchi templi.

A Roma Klee vede i simboli cristiani dare efficacemente nuovo significato ad architetture e apparati simbolici millenari. Come il popolo si adatta alle rovine, così egli con l’apposizione delle tre piccole croci celebra la propria rinascita consacrando il corpo etereo dell’Homo novus alla propria fede, la fede nel potere della figurazione astratta. È il tempio del suo culto, dove l’artista celebra con le proprie mani – Klee era ambidestro – il rito della creazione. Nelle croci con le quali Klee insignisce Homo novus vive la pacifica rivendicazione del diritto di fregiarsi del simbolo religioso per eccellenza poiché la propria rigenerazione ha il carattere di una revisione cosmica. È l’affermazione di una propria religiosità laica, privata, un rinnovamento che procede oltre qualsiasi fede e capace di comprenderle tutte.

La croce di cui si fregia Homo Novus è rinnovata nel significato perché rigenerata nel linguaggio astratto. È classificata da Klee come cifra particolare, individualità elementare fatta di due soli tratti uguali, resistente a qualsiasi manipolazione: togliete o aggiungete qualcosa e non avrete più una croce.

Un individuo col carattere della croce regolare. La struttura va tradotta nella croce. Infatti non posso aggiungere nulla, altrimenti avrei un altro tipo di croce. Né posso togliere nulla, altrimenti non avrei più una croce.

Teoria della forma e della figurazione, pag.18

Quelle croci sono il segno sotto la protezione del quale porre la propria rinascita, un esorcismo semantico con il quale non solo invocare il diritto ad una trascendenza autonoma ma anche fregiarsi della particolare caratteristica che l’Io assume nella poetica espressionista astratta: una individualità che è compiuta, non falsificabile, e allo stesso tempo “qualunque”, determinata e insieme “qualsiasi”, priva di qualsiasi fisionomia, quanto due piccoli tratti di penna in croce. Di fatto Homo novus ha un volto sui generis. Al posto degli occhi abbiamo visto avere due lenti. Ha forse un naso, e un accenno di bocca nuovamente segnata da una piccola croce, probabilmente perché l’Homo novus nel quale si è reincarnato non parla un linguaggio esprimibile a parole ma vive dei segni dei quali è fatto.

L’identità pittorica di Klee si fa più definita e si rafforza, ma verranno ancora passaggi chiave a completarne le potenzialità poetiche. Homo novus si arricchirà ancora di un’appropriato personale apparato mitologico. Siamo molto vicini al primo angelo incontrato/collocato da Klee sul suo cammino. Guardando all’Oeuvre-Katalog ci accorgiamo di trovarci con Homo Novus solo nove righe, nove opere messe a catalogo prima di Un angelo porge ciò che è desiderato. Un percorso di apparizioni ed eventi iniziatici lo aspetta. Homo novus è venuto a nuova luce ed è pronto a elevarsi, nella crescita spirituale che si prospetta per il nuovo Io. La sua natura è vitale: verrà a completare questo processo una delle figure centrali della mitologia privata di Klee: tra sette anni, al culmine della sua carriera di pittore, con Angelus novus, con un procedimento semantico indifferente alla freccia del tempo scalare, procedendo all’indietro per colpire il bersaglio, verrà a compiersi per il piccolo homunculus la personale apoteosi.

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