Un angelo porge ciò che è desiderato

Un angelo porge ciò che è desiderato 1913 138 penna su carta montata su cartoncino, coll. privata Germania ©Archiv Paul Klee Stiftung

Un angelo porge ciò che è desiderato 1913 138 penna su carta montata su cartoncino, coll. privata Germania ©Archiv Paul Klee Stiftung

Dei quasi diecimila titoli annotati da Klee nel proprio catalogo autografo Un angelo porge ciò che è desiderato è il primo che reca la parola "angelo". 58 sono le volte che il maestro incontrerà, nell'atto del creare, un soggetto angelico. E questa, nel 1913, alla vigilia del viaggio di conoscenza in Tunisia, è la prima.

Il disegno raffigura a sinistra Paul Klee, riconoscibile dalla barbetta a punta leggermente arabeggiante, inginocchiato. Si rappresenta come tutt'uno con il lembo di terra che lo sostiene, totalmente astratto lui e totalmente astratto lo spazio dov'egli esiste. Figure fatte di soli angoli. Grafica pura, ma con l'accenno di un ricordo terreno, corporeo, la barba appunto: lo stile che Klee definirà, in assonanza al mondo della notazione musicale, astratto nei ricordi.

Il foglio è fatto di due parti incollate l’una sull’altra, tanto da far apparire una tenue linea tra le due figure, una linea che le separa ma insieme le congiunge poiché tocca entrambi.

A destra vive un'astratta sembianza angelica alata e senza peso dalla fisionomia definita da brevi tratti rettilinei non composti, che gli porge un piccolo segno astratto, simile a un asterisco.
Ciò che passa dalle sue mani a quelle di Klee è un luogo geometrico, senza peso ne essenza materica, identificato dall’intersecazione di segmenti che da esso si irradiano. Ciò che l’angelo porge è ciò che è desiderato, e credo quindi si possa proporre di identificarlo con il luogo mentale al quale l’iniziato accede per creare, dove si partecipa al mistero della genesi della forma.
A questo il destino di Klee era legato. E senza di ciò l'intero suo progetto sarebbe stato destinato a fallire. Sulla sua strada egli scopre l'esistenza di una dinamica funzionale, assimilabile a mezzi figurativi, capace di tracciare ciò che appare nella complessità dello sguardo interiore. 

Tutto ciò gli fa compiere alcuni passi verso il cuore della creazione, ma su quella entità non rivela nulla. Gli angeli portano messaggi molto, molto circoscritti. Sono mediazione irrinunciabile ma neppure essi conoscono la verità sull'assoluto. Essi sono esseri dello spazio di mezzo. Solo due parole su questo, aiutandomi con le precisazioni di Massimo Cacciari:
 

Intorno a queste domande gli angeli di Klee confessano la propria ignoranza. Per quanto ferma e sobria possa apparire a volte la loro figura, per quanto attento possa sembrare il loro sguardo, essi spiano, più che riflettere, la Luce di cui confusamente ricordano di essere emanazione. Immortali ancora, forse; certamente non più “vette di tutto il creato rosse d'aurora”. Guardiani e custodi, rimangono confitti alla soglia. Conoscono il cuore del “santuario” altrettanto poco di noi. Se mai hanno potuto oltrepassare quel limite e visitare l'interno, l'hanno dimenticato – e hanno dimenticato di averlo dimenticato. I più forti accompagnano l'uomo fino alla soglia; lo osservano mentre attende.

M. Cacciari, L'Angelo necessario, Adelphi, Milano 1986
 

La padronanza dei nuovi mezzi rappresentativi tecnici può però descrivere una distanza, anche se è e resterà incolmabile. Traccia il confine di un'assenza assoluta e quell'assenza resterà tale. Ma ora l'opera può riempirla di senso.

È difficile classificare questo disegno. La scena che vi si svolge potrebbe far pensare a un ex-voto. Il luogo dove essa si compie non è determinato nello spazio, e neppure nel tempo. La posizione della firma “Klee” in alto a sinistra — sulla quale Alessandro Fonti mi invitò a riflettere — credo vada a fare coincidere questo foglio con un campo di esistenza. Se così è più che a una semplice rappresentazione questa grafica è più prossima a un’icona, patrimonio di una religione laica che comincia e finisce con l’artista che vi vive dentro. Tutto ciò che vi è racchiuso è Klee, e al di fuori di Klee nulla di tutto ciò sopravvive se non nella sostanza di questi segni. Imprendibile, inafferrabile come sempre, al di fuori dell’opera il maestro scompare. 
Ma resta un fatto. L’esistenza di un disegno del genere opera una sintesi poetica tra tecnica ed esistenza, diventando così elemento importante del più ampio progetto al quale l’artista lavora: decidere del proprio destino. In parte libero, finalmente pieno di significato.

Vi è continuità tra il bambino sperduto descrittovi nel post precedente e questo personaggio del palcoscenico kleeiano. Entrambi sono fatti di luce, entrambi abitano un luogo mentale, entrambi sono bisognosi di rivelazioni.
La trasformazione della percezione di sé stesso ha superato la fluida forma luminosa nella quale Klee si vedeva quale bambino perso nell'universo e si è ora ridotta a una scabra forma umanoide composta di una trentina di angoli. 
Tra le due opere intercorrono sei anni di ricerca metodicamente annotata sui Diari. Questo lavoro di affinamento tecnico elabora la fisionomia interiore di Klee. I giorni passati nell'esercizio della notazione scura dell'energia luminosa accordano il suo spirito assimilatosi a un puro strumento.

In quei pochi anni i veli di maya che nascondevano la realtà delle cose sono caduti uno a uno. Il senso della prospettiva viene rifondato. La profondità della meditazione kleeiana lo mette in contatto con una diversa forma del tempo. È inevitabile che la riflessione su sé stesso lo veda ridotto a qualcosa di molto vicino al proprio stile.
È il valore filosofico totalizzante della poetica kleeiana che determina la forma dell'Io di Klee. Ogni opera è riflesso dell'Io. Il ribaltamento della prospettiva operato nella sua poetica fa sì che il soggetto dell'opera coincida con uno sguardo sul proprio essere. È una relazione biunivoca, dove Opera e Io si danno forma reciprocamente.
Questo è il senso profondo delle sue parole quando ha scritto Io sono il mio stile.

Tutto ciò non potrà non aver conseguenze decisive sulla sua esistenza. Dovrà imparare a proteggersi dall'energia totalizzante alla quale ha consacrato la sua vita, energia che già ha rovinato Vincent van Gogh. 
Ma per ora basta, buon Lunedì dell'Angelo a voi.


Riguardo agli angeli di Klee e per l'analisi di ognuna delle 58 opere con titolo “angelico” vi indirizziamo al prezioso testo di Alessandro Fonti, Paul Klee. “Angeli” 1913-1940, Franco Angeli 2006


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