Senza titolo

Senza titolo 1906 cr266 colori su vetro, Paul Klee Stiftung ©Paul Klee Stiftung Photo Peter Lauri

Senza titolo 1906 cr266 colori su vetro, Paul Klee Stiftung ©Paul Klee Stiftung Photo Peter Lauri

L'opera di Paul Klee è concepita al di fuori del tempo scalare, tanto da non poter individuare in essa un inizio od una fine. Non così questo blog, che da qualche parte deve cominciare. In ogni pagina che pubblicherò potrete avvicinarvi ad uno dei quasi diecimila quadri della quale la sua opera si compone. E comincerò da qui: Senza titolo, del 1906, contrassegnato nel catalogue raisonnee con il numero 266. Paradossalmente, comincerò da un lavoro che il maestro non ha voluto registrare nel suo catalogo autografo, come ha invece fatto con altri 8918. Prendetelo come gesto d'umiltà, come se volessi entrare nell'opera di Klee in punta di piedi.

È un piccolo quadro generalmente trascurato, eseguito su vetro con una tecnica da egli stesso messa a punto in quegli anni. Vi è raffigurato un bambino bisognoso di tutto, che porge le mani con un gesto eloquente e rivolge verso l'alto uno sguardo non privo di disillusione. È un esserino completamente spoglio, privo di nome, di patria e generatosi da sé solo, portato da nessun seno materno
Prende vita dall'incontro di una superficie chiara con una macchia di inchiostro, dalla reazione di un poco di energia nera con un campo di luce bianca. E cresce in uno spazio mentale, chiuso, segreto, tanto intimo quanto però concretamente esistente, dove non c'è nulla al di fuori di forme che vivono di pura energia: nella parte più profonda dell'essere.

Qual è il senso di questo piccolo magico concepimento? L'avvenimento è legato al frammento dei Diari qui sotto riportato, che precede il quadro di pochi mesi.

 

Un momento di felicità a Oberhofen. Assenti l'intelletto e l'etica. Osservatore di questo mondo, oppure bambino sperduto nell'universo. Il primo istante della mia vita immune da contraddizioni.

Diari, n. 713/14

 

Da anni, da quando ha deciso di dedicarsi all'arte figurativa, Klee combatte una cruenta battaglia culturale e spirituale. Non può accontentarsi di nulla di meno di ciò che avverte chiaro e forte in sé e in tutto ciò che lo circonda: l'assoluto. Da allora non ha fatto altro che testare e demolire, fallire e distruggere, ma sempre stolidamente attaccato al corrimano della ragione.
Siamo nel 1905, un anno importante per il giovane Klee. Pubblica una serie di incisioni satiriche dove registra tutta la sua frustrazione. Su tutte L'eroe con l'ala, che rappresenta la condizione di un fallimentare Prometeo dagli strumenti comicamente inadeguati.

L'eroe con l'ala 1905 38 incisione, MOMA ©Soichi Sunami New York

L'eroe con l'ala 1905 38 incisione su zinco, MOMA ©Soichi Sunami New York

Gennaio 1905. L'Eroe con l'ala, un eroe tragicomico, un antico Don Chisciotte. Questa nuova idea poetica, emersa come da un acquitrino nel novembre 1904, ha ormai una forma definitiva e ben sviluppata. Quest'uomo nato, in contrasto con esseri divini, con un'ala sola, fa grandi sforzi per volare, e così si spezza braccia e gambe, ma tuttavia resiste sotto l'usbergo della sua idea. Il contrasto fra il suo atteggiamento solenne, monumentale e la sua rovina già in atto era ciò che dovevo mettere particolarmente in rilievo, come simbolo della tragicommedia.

Diari, n. 585

Di fronte a questa immagine umiliante nella quale si specchia egli trova la motivazione per ribellarsi, la satira non lo accontenta più: basta con il riso amaro su ciò che non è come dovrebbe essere.

È profondamente insoddisfatto della propria condizione creativa e spirituale, e dopo anni di metodica e razionale ricerca applicata si ritrova ad un punto morto. Compie allora un deciso ribaltamento della sua poetica: gira le spalle alla percezione ottica diretta della natura e pone al centro del processo creativo un nuovo modello, una forma tecnicamente controllata di meditazione. Una scoperta importante gli dà l'energia per dichiarare guerra all'intelletto

Ho avuto un attimo di speranza quando, giorni fa, incidevo su una lastra di vetro affumicata. Uno scherzo su porcellana me ne ha dato l'idea. Dunque, il mezzo non è più la linea nera, bensì quella bianca. Il fondo non è luce bensì tenebra; che l’energia abbia la facoltà di rischiarare corrisponde infatti alle leggi della natura.
Il motto è dunque ora: «Sia fatta la luce». Così mi avvio lentamente verso il nuovo mondo delle tonalità.

Diari, n. 632 

Nel gesto stesso del tracciare una linea incidendo una lastra scura appoggiata sul bianco ha avvertito la convergenza tra energia interiore ed energia luminosa del tratto grafico, come già era accaduto almeno in un'altra occasione. Questa scoperta lo riempe di fiducia, perché ha la sensazione di aver compreso il potere di uno strumento risolutivo, qualcosa che corrisponde alla sua sete d'emancipazione. È il potere della grafica pura. Da oggi è questo per lui il nuovo principio poetico elementare. Si è impadronito di un potere analogo a quello che la natura stessa esercita nel dare forma alle cose. Ha superato i vincoli che lo affliggevano: non è più limitato a copie imperfette della natura. Ora è in grado di creare.

Succede qualcosa però, qualcosa che neppure Klee aveva previsto. Il nuovo potere comporta una svolta inattesa del suo destino, che è in fondo ciò di cui più di ogni altra cosa egli aveva bisogno, più o meno consapevolmente. Senza accorgersene ha superato un bivio, dal quale non si torna indietro. Come già riportato qui sopra, in un momento felice percepisce le alternative in modo chiaro: frustrato osservatore di questo mondo oppure bambino sperduto nell'universo. E il suo destino si compie. Il percorso verso l'adesione all'assoluto è l'imperativo che domina e dominerà per sempre la sua esistenza. È il momento di rinascere, perché per lui è venuto il tempo di morire.

La prima traccia del processo di distacco dall'Io terreno, dall'animale uomo orologio di sangue, è del 1901. A soli 22 anni, in viaggio in Italia in cerca di conoscenza e ispirazione, deluso da tutto, per la prima volta prende distanza da una parte di sé che deve morire. 

Come un sogno Genova sprofonda nel mare. Sono morto per questo mondo, dileguato con l'ultima luce? Oh, fosse così! Sarebbe possibile?

Diari n. 283

Avviene un intimo distacco, una separazione meditata e profonda.
Da una parte c'è, simbolicamente, la diletta Genova, della quale Klee descrive nei Diari il porto imponente tra toni estatici e pietosi, e soprattutto il teatro nella realtà che la varia umanità della grande città meridionale mette in scena per la prima volta davanti ai suoi occhi.
Dall'altra il suo nuovo io, ascetico, lontano da tutto e tutti, incapace di emanare calore o freddezza poiché pienamente in contatto con la condizione creativa ed esistenziale che si vive al di là dell'incandescenza

Emana calore da me? Freddezza? Al di là dell’incandescenza non se ne può far questione. E poiché non sono molti quelli che vi giungono, pochi sono coloro che ne sono tocchi. Non c’è sentimento, per quanto nobile, che mi accomuni ai più. L’uomo della mia opera non è specie, ma punto cosmico. Il mio occhio terreno vede troppo lontano e in tal modo le cose più belle gli sfuggono. Spesso si dice di me: «Egli non avverte le cose più belle».

Diari n.1008 

Dal ribaltamento di prospettiva che ha compiuto dentro di sé egli contempla il proprio Io terreno da un punto di vista temporale collocato nell'infinito, e di conseguenza già percepisce il suo corpo quale cadavere ed il suo cuore come elemento di disturbo alla nitidezza della propria visione. Il suo destino comporta la totale adesione alla condizione di puro strumento.

Certamente nei momenti produttivi ho il gran vantaggio di conservare una calma assoluta, di essere tutto me stesso, non un Io occasionale, bensì un Io integrale, puro strumento. Un io soggetto a convulse alterazioni pregiudica lo stile e finisce col dover uscire dal proprio ambito, in ossequio al convenzionalismo della moda.

Diari n.605


È con grande malinconia che ritornerà verso la Svizzera, perché la strada scelta comporta un senso di lutto: Paul Klee, figlio di Hans Klee e Maria Ida Frick, nato a Munchenbuchsee presso Berna il 18 dicembre 1879 è morto, ai suoi occhi. 
Egli guardandosi dentro vede un nuovo sé stesso, a proprio agio tra i morti come tra i non nati, al di là di tempo e spazio determinati.
Ancora bambino, sperduto nella terra incognitam dell'astrazione pura, compie i primi timorosi passi in essa avendo come guida solo la legge inesorabile che è in lui, unico nume protettivo verso cui rivolgere le mani giunte in segno di deferenza e di attesa.

Molta strada e rivelazioni sorprendenti attendono Klee venuto ora a nuova luce. Ha paura, inevitabilmente. Si è messo contro Dio stesso e si sente condannato a passare il resto della vita a distanza siderale dalla comunità degli uomini, tanto da sentirsi minacciato sino all'ultimo giorno della sua vita, e come vedremo sino all'ultimo quadro, dal fantasma della follia. Ma nulla può farlo rinunciare. La sua dedizione alla creazione è totale ed assoluta. Era in cerca di una nuova terra, e l'ha trovata.

Devo tendere l’arco per più lontani bersagli, altrimenti mi immiserisco in questo sudicio, ordinatissimo stato di cose. Se no, la cosa diventa troppo pacifica.
E ciò che è raggiunto non ha più vitalità. Questo ambiente non può restare a lungo la mia patria. Altrimenti mi smarrisco.
Devo cadere in ginocchio in qualche luogo dove non vi sia nulla e rimanervi profondamente turbato.

Diari , n. 611

Si tratta ora di costruire, e di fare diventare questa terra la nuova patria. 
È giunto il momento di avanzare.


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Un angelo porge ciò che è desiderato