Strada principale e vie secondarie

Strada principale e vie secondarie 1929 90 R10 olio su tela, Museo Ludwig Colonia ©Klee Stiftung Bern

Strada principale e vie secondarie 1929 90 R10 olio su tela
Museo Ludwig Colonia ©Klee Stiftung Bern

Come Sera in Egitto anche Strada principale e vie secondarie risale alla ricca messe di lavori che va ad arricchire l’Oevrekatalog nel 1929, anno seguente al viaggio di Klee in Egitto, nella Valle dei Re. Più volte egli si reca nei paesi dell’Africa settentrionale, la prima volta nel 1914 in occasione del fatidico Tunisreise, il viaggio in Tunisia ricco di rivelazioni ed eventi iniziatici.
Cosa spinge il maestro verso il sud? Di che natura è l’ispirazione che quelle particolari condizioni gli offrono, tanto da fargli riempire una volta al lavoro fogli e fogli di composizioni? Conoscendo il suo particolarissimo punto di vista, oltre che di viaggi compiuti nello spazio si tratta per lui di una ricerca che si compie anche, e soprattutto, a ritroso nel tempo. Klee si allontana dalla civiltà occidentale alla ricerca di uno scenario non condizionato dalla tecnica e ancora non disgregato dall'avvento della modernità, dove gli uomini e la terra vivono un'atavica condizione “originaria” che egli arriva in qualche passaggio dei Diari finanche a mitizzare.
Egli non rincorre una risorsa di linee e colori da riprendere quale canone formale, come spesso proposto dalla critica, ma una condizione spirituale. L’artista ha bisogno di una patria, che possa offrirgli un’esperienza al 99% di realtà, in cui rispecchiarsi e capace di chiarificare le sue percezioni.
Un frammento dei Diari del 1914 ci dà il modo di cogliere il rapimento che anima Klee al contatto del vero sud, finalmente lontano dal rumore di fondo con il quale ferrovie, illuminazione artificiale, urbanistica e quant’altro corrompono le sensazioni.

Viaggio meraviglioso, in mezzo a una natura sempre più desolata. (…) Akouda, una città di favola, piena di promesse, forse per tutta la vita, ci passa davanti. Alle due a Kairuan. (…) Assetati, beviamo molto tè per poter procedere degnamente alla scoperta di quella meraviglia. Per prima cosa un gran delirio, che culmina di notte al “Mariage Arabe”. Nulla di singolo, solo un tutto. E che tutto! Una quintessenza da Mille e una notte, con il novantanove per cento di realtà. Che aroma, penetrante, inebriante e che da chiarezza a un tempo. Cibo, vero cibo e bevanda stimolante. Inebria e tonifica. Profumo di legna ardente. La patria?

Diari, n.926n

A Berna e Monaco si è spesso sentito estraneo a tutto, prigioniero, sofferente, ora invece si sente “a casa”. Nel 1914 torna in Europa con una nuova identità e una nuova patria, un passaggio che presto affronteremo. Ma anche nei successivi viaggi il contatto con i paesaggi nordafricani offre all’artista la possibilità di espandere la portata della propria contemplazione e simmetricamente l’ampiezza e la chiarificazione della propria strumentazione tecnica. In quelle occasioni cadono gli ultimi ostacoli al compimento della fusione tra interiorità ed esteriorità e tra pittore e oggetto. E questo era dal punto di vista tecnico un obiettivo dichiarato di Klee nei Diari sin dal 1908. Ecco che il maestro può approfittare dei propri raffinati strumenti interiori, illustrati nelle vie alla percezione, per congiungere artista e cosmo in nuove feconde configurazioni. E crescere spiritualmente.

Chiarito il contesto in cui ci muoviamo possiamo addentrarci oltre la superficie del quadro, verso il significato recondito e profondo di Strada principale e vie secondarie. Questo olio su tela, amato quanto pochi altri da tutti gli estimatori di Klee, racconta di un felice momento di illuminazione, dove il tema grafico è approfondimento, costruzione e testimonianza di una prospettiva esistenziale.
La composizione è fatta di una parte inferiore, la maggioranza del foglio, e una superiore, le poche fasce di colore non spezzate in cima al quadro, tenute insieme in un rapporto dinamico: una tensione tra qualità opposte risolta in termini grafici.
Per prima cosa annotiamo che la grande costruzione prospettica incastonata nel quadro è realizzata da grande altezza. E ciò è significativo. Così Klee descrive il rapporto della raffigurazione delle altezze soggettive con le dinamiche interiori:

Per l’Io altezza e orizzonte son d’importanza essenziale. Un’altezza limitata consente una buona visuale dal basso all’alto; scarsa copertura dall’alto (pieno di significati), buona copertura dal basso (insignificante). C’è dunque un impulso verso l’alto.

Una grande altezza consente una cattiva visuale verso l’alto e una buona visuale verso il basso. Buona copertura dall’alto (pieno di significati), cattiva copertura dal basso (insignificante). Aumentato senso di benessere.

Altezza crescente, buona direzione, positività. Con l’altezza si eleva l’orizzonte, s’allarga la visuale dall’alto verso il suolo mentre si stringe quella dal basso all’alto; si placa l’impulso verso l’alto. I rischi diminuiscono affrontandoli.

Diminuzione dell’altezza, demolizione, negatività. Con l’altezza scema la copertura dall’alto, si restringe la visuale dall’alto al basso. Si manifestano complessi patologici di oppressione (impotenza a salire).

Teoria della Forma e della Figurazione p. 165

Meccanica dei gradi di altitudine soggettivi Teoria della Forma e della Figurazione p. 165

Meccanica dei gradi di altitudine soggettivi Teoria della Forma e della Figurazione p. 165

La costruzione che Klee mette in opera è quella di chi abbia raggiunto un punto di vista elevato e rivolga lo sguardo verso il basso. Ciò é annotato nel quadro, poiché la parte di cielo sopra l’orizzonte è quasi uscita dallo sguardo dell’osservatore. Da questo luogo – spirituale e spaziale a un tempo, conquistato grazie alla congiunzione di tecnica grafica ed esperienza psichica come descritto nei passaggi sui gradi di altitudine soggettivi – l’artista ricostruisce in modo disincantato non una pianura coltivata egiziana bensì l’unica cosa che in essa lo riguardi: la propria condizione creativa. Vediamo come.


Le composizioni di Klee vivono di contrasto tra opposti. In questo caso la difficoltà è mettere in una relazione costruttiva uno sguardo verso l’assoluto e la frammentazione del “territorio” che osserviamo dall’alto. Nella parte superiore vedete un cielo azzurro e violetto; in questa le fasce colorate non subiscono interruzioni, vivono di una dimensione ideale e totalizzante. Le linee orizzontali indicano l’altezza dell’osservatore nello spazio e campiscono l’intera composizione. Quindi la condizione del pittore che costruisce la figura è quella di chi sia presente simultaneamente a tutte le altezze, in comunione con il tutto, come già visto nel caso di Sera in Egitto.
La grande porzione di territorio contemplata dall’alto è invece percorsa da innumerevoli diagonali, le vie secondarie evocate nel titolo. È la comparsa nello sguardo di queste linee insite nella costruzione prospettica che fa tutta la differenza. Queste limitano e moltiplicano le parti dello scenario inferiore. Per Klee il rapporto fra la superficie verticale reale e le superfici prospettiche, esaminato nel caso di Libro aperto, ha un significato specifico in termini di esperienza psichica, poiché riproduce in termini grafici la dialettica tra la percezione dell’idea e i mille scorci possibili, invece, rispetto a un fenomeno. Del primo ambito sono proprie le linee ortogonali, il secondo è invece regno della diagonale. Applicando questo codice, ricavato dalla legge che in sé stesso percepisce, ricompone gli elementi della grafica per dar luogo a una nuova prospettiva, necessaria e ineluttabile; il destino di un essere in parte abietto, solo in parte Dio, che vive un presente molteplice e in continuo movimento che nello stesso istante partecipa di un unico infinito attimo di realtà in divenire. Un attimo che incessantemente si rinnova pur restando sempre la stessa cosa: la figura dell’assoluto.

In un momento di felice ispirazione Klee fa entrare in scena il protagonista del dramma. È un personaggio stupefacente per quella che è la sua qualità principale: l’assenza. Chi sembra prendere la scena è la grande strada principale. Un nuovo chiarore emana dal fondo del quadro e gli intricati percorsi diagonali delle vie secondarie si diradano. Vi è un luogo geometrico indeterminato, indefinibile, prossimo al centro della composizione, identificato “per difetto” dal ritrarsi degli altri segni. Oltre alle diagonali e alle orizzontali, infatti, in questa costruzione manca un elemento. Una linea verticale. La verticale è nel vocabolario kleeiano l’elemento che registra nella costruzione della figura la posizione dell'osservatore.

Verticale vagante.jpg

Come mai la verticale non è stata tracciata? Perché tema recondito di questo quadro è una mancanza. La presenza dell’osservatore è solo allusa, evocata nella sua assenza. Questo quadro è come un pezzo jazz, dove la nota non suonata è altrettanto importante di quelle tracciate sullo spartito. L'osservatore è scomparso? No, è onnipresente, in comunione con il tutto. Ed è consapevole della propria condizione: non è rappresentabile, non è afferrabile, se non nel percorso che porta all’opera. Non ci sono risposte, non c’è una nuova filosofia. Alla fine quella che a noi resta è solo la proposta di un livello di qualità creativa. Il resto è una vicenda esistenziale sorprendente ma a noi estranea.

Klee ha compiuto una rivoluzione prospettica. L’oggetto in sé è di certo inesistente. È la sensazione dell’oggetto che balza in prima linea. La partita tra idea e fenomeno, tra orizzontali e diagonali si gioca quindi a livello interiore, non materiale. Il problema non è più come rappresentare l’oggetto ma come concepire l’essere in funzione dell’opera. Solo un progetto che tenga insieme vita, opera e teoria può generare ora una soluzione soddisfacente.

Questo è il vero soggetto di questa tela: la strada principale – una retta via nella quale Klee ha profonda fede – esiste ma può consistere solo in un'allusione, in una nota non suonata, progetto non rappresentabile se non in una prospettiva temporale che superi il canone prospettico insito nel tempo scalare. La rappresentazione dell’assoluto non è praticabile se non testimoniando un percorso, un avvicinamento. L’opera verrà compiuta, ai nostri occhi, a giochi fatti, nella “summa” dei diecimila quadri. Mille domande ammutoliscono perché non c’è per me ne verità ne errore, quando ci si occupa di creazione. Per quanto riguarda Klee, invece, essenziale è solo un lungo e profondo sguardo nell’intimo, per partecipare in ogni attimo del passaggio dall’ieri al presente.

L'arte di Klee reca al proprio interno un complesso progetto umanistico, tramite il quale l'Io lavora per perseguire l'unico destino che gli pare degno. Costruisce poeticamente, giorno dopo giorno, quadro dopo quadro, al centro di sé, la patria dove il proprio spirito possa sentirsi, per il momento, a casa, al di là del tempo finito. Dove la sabbia per il tenero piede?


 
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Sera in Egitto